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Tu quoque, ovvero i fallimenti della teoria del Tacchino Freddo.

Vi chiederete il perchè di un titolo tanto bizzarro per questo post. Io invece mi chiedo perchè mai la realtà debba essere sempre così ingiusta…

Ieri sera una triste scoperta ha offuscato l’aperitivo novembrino che stavamo consumando allegramente al nostro solito baretto. Uno dei miei vate, anzi forse l’unico vero vate dello smettere di fumare, un noto musicista della nostra zona cui non dispiacerà affatto la citazione e il link al maispeis della sua band, i Fieldmen of Blues, dopo 2 anni e mezzo, ripeto, dopo 2 anni e mezzo di onorato, sdegnoso e sprezzante rifiuto della cicca, contornato da proselitismo e rotture di maroni varie a chi ancora perdurava nell’ignobile viziaccio, ha ripreso a fumare. L’ho visto ieri, seduto, felpina grigia, birrettina e cicca alla mano. E’ una fase, mi ha detto, un periodo… Non ci sono parole: o mio vate, torna sui tuoi passi!!

Riflettendo su questo accadimento, mi sono chiesta se non sia il modo in cui si smette di fumare che pregiudichi il risultato finale, rischiando di vanificare tutti gli sforzi del malcapitato ex -fu-futuro fumatore. Sia il mio luminoso vate che io abbiamo smesso con la famigerata tecnica cosiddetta del tacchino freddo.

Ovvero, going cold turkey, smettere di brutto, da un giorno all’altro. Forse in questo modo il corpo e la mente non si abituano all’idea di non essere più schiavi della sigaretta, e quindi la prendono come un gioco, una gara di forza. La forza prima o poi finisce, la sfida perde il suo fascino, i chili di troppo pesano (il mio amico conferma -4 nel giro di pochissimo, da quando ha ripreso) e si fa presto a tornare sui propri passi.

Spero tanto che non accada anche a me, anche se il -4, alla vigilia della spiaggia, lo ammetto, mi fa molta più gola di un tacchino freddo …. Tra l’altro, che modo di dire alquanto singolare, no?

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Piccole soddisfazioni

Ieri sera abbiamo avuto degli amici a cena, finalmente. Era da tempo che dovevamo invitarli e per un motivo o per l’altro abbiamo sempre rimandato; la serata è stata super piacevole anche se leggermente troppo carboidratata e siamo stati benissimo. Hanno portato una torta gelato al caffè superlativa che ha glissato senza troppi complimenti i miei mini clafoutis alla fragola, che sarebbero stati ottimi se non avessi voluto fare di testa mia aggiungendo della farina perché il composto mi pareva troppo liquido. DEVE essere liquido. Riproverò senz’altro e metterò sul blog la ricetta con le foto, visto che in questi mesi di silenzio ho ricevuto un dono meraviglioso con cui posso finalmente scatenarmi.

Tornando alla cena, non ho precisato che i nostri amici, così come del resto anche il mio moroso, sono fumatori, e tutti e tre ci hanno dato dentro con le sigarette durante la serata, che si è protratta fino a tarda ora. Bene, sono felicissima di dire che né dopo la cena, né dopo il caffé, né mentre bevevamo l’amaro mi è venuto in mente di fumare, o ho provato il desiderio di farlo. In questo periodo così avaro di soddisfazioni, mi tengo stretta questa e vado avanti, sperando che vengano tempi migliori anche dal punto di vista meteorologico. Fa un freddo cane e di spiaggia o almeno piscina non se ne parla proprio.

Verranno tempi migliori.

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Keep the motivation – Il Picnic

Ho letto in giro che una delle minacce principali che adombrano il sentiero luminoso dell’ex fumatore (e dell’ex fumatrice) è la perdita di motivazione (lo so, fa molto iuessai, ma tant’è, se la sono inventati loro questa cosa della motivazione e io gliene rendo merito) con conseguente aumento esponenziale delle possibilità di ricaduta nel meraviglioso vortice della nicotina. Ecco allora che procedo con il giochetto più vecchio del mondo : l’autoconvincimento. Ne ho una per tutte le stagioni: non sono mai stata così magra in vita mia (estate) – il mio lavoro mi piace un sacco (sempre) – tutto sommato non mi interessa molto della moda (di solito al cambio stagione, quando ti rendi conto che l’anno precedente andavi in giro con delle cose improponibili) – chissenefrega di quello che pensano gli altri (sempre) – con questi capelli corti sembro più giovane (oggi 😦 ). Ora è il turno di “fumare non mi è mai piaciuto”.

E’ primavera e, grazie alle feste ed al sole ritrovato, noi si suole ormai da qualche anno ritrovarci in campagna, finchè ce ne rimane una, con l’unico obiettivo di aumentare smisuratamente il nostro CIL (Colesterolo Interno – Lardo) con sfiziose merende a base di porchetta e vino rosso. Tale illustre simposio prende il nome di Candola, dallo strumento che serve per estrarre il vino dalla damigiana. Orbene, fu proprio in occasione di uno di questi lieti convivi, quattro anni orsono, il primo momento in cui mi resi conto che ero completamente dipendente dalle maledette cicche. Immaginate la scena: domenica pomeriggio inoltrato, penso fosse il 2 giugno. Nessuno dopo tutta la giornata ha più neanche l’ombra di una sigaretta, siamo sul Brenta ed il primo distributore (è domenica) chissà dov’è, nessuno ha voglia di andare all’avanscoperta. I fumatori si scrutano tra di loro per cogliere in flagrante il più ingenuo, il più inetto o il più brillo tra loro che malauguratamente si sogni di estrarre il pacchetto ancora pieno dalla tasca. Alcuni si allontano verso la macchina, soli, con fare guardingo e misterioso, per tornare dopo qualche minuto con l’aria di chi ce l’ha fatta. Io, completamente senza cicche, perdo qualsiasi desiderio: niente pallavolo, niente partita di carte, chissenefrega del freesbe, lungi da me vino e porchetta: l’unica cosa che voglio è una sigaretta. Dopo parecchie ore in questo stato , la proverbiale illuminazione mi folgora, appunto, come una botta in testa: sono completamente succuba delle sigarette, anche se non mi piacciono poi tanto, anche se non fumo senza chewing gum. Decido così di iniziare il primo calvario, durato ben poco: dopo qualche mese riprendo alla grande.

Riuscirò anche questa volta a superare la prova pic nic? Domani, 25 aprile, l’ardua sentenza! Intanto, sotto con il keep the motivation. Devo scrivere 200 volte la frase: fumare non mi è mai piaciuto.

fumare non mi è mai piaciuto fumare non mi è mai piaciuto fumare non mi è mai piaciuto fumare non mi è mai piaciuto fumare non mi è mai piaciuto fumare non mi è mai piaciuto fumare non mi è mai piaciuto fumare non mi è mai piaciuto fumare non mi è mai piaciuto fumare non mi è mai piaciuto fumare non mi è mai piaciuto fumare non mi è mai piaciuto …

(Vale il copiaincolla?)

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Smetto con uno e attacco con l’altro

Era troppo bello per essere vero. Come da copione, la mia vita non poteva scorrere fluida e libera dalle dipendenze. No, neanche per sogno. Smetto, anzi, tento di smettere con le sigarette ed attacco con il caffè.

Eh già. Passata indenne attraverso una gincana di genitori morbosamente attaccati alla macchinetta del caffè, compagni di appartamento e amici ultraortodossi della moka e colleghe assatanate di caffeina, ecco che mi ritrovo ora a smaniare per questo composto scuro e allappante, dall’odore sommamente disgustoso ma, chissà perchè, assolutamente irresistibile. Però… ovviamente c’è sempre un però. Così come non fumavo se non avevo una gomma da masticare perchè fondamentalmente il sapore della sigaretta mi faceva schifo, così ora non mi bevo mica il caffè in quanto tale, non sia mai. Ci devo sempre mettere del mio, io. Quindi, tra tutte queste opzioni che abbiamo a disposizione, quale scelgo?

Non ne scelgo nessuna, ovviamente!

A me piace solo ed esclusivamente questo: .

Non è per fare pubblicità, ma è veramente una cannonata, una bomba, orzo (che è quello che bevevo anche prima di scoprire questa meraviglia, questo sublime surrogato) e caffè, bello lungo e con tanto zucchero, alla faccia della dieta e della glicemia.

Quando vado al bar, invece, sono una di quelle che rompono i maroni ai baristi. Chiedo un caffè d’orzo lungo in tazza grande con zucchero di canna (strano che non mi abbiano mai chiesto se il cren lo voglio a parte). Ci vuole pazienza con chi sta smettendo di fumare, tanta tanta pazienza.

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Fuga dalla nicotina, se c’è il sole.

Mi hanno detto che quando si smette di fumare sarebbe meglio fare dello sport (a quanto pare, per quanto moderno sia, l’uso smodato della chat e la scrittura di un blog non vengono annoverati tra le discipline sportive) per espellere le tossine e riprendere a respirare in maniera consona ad un essere umano, ovvero riuscire a fare due rampe di scale senza la necessità di avere una bombola d’ossigeno a portata di mano una volta arrivati. Pertanto, ho ritenuto opportuno di associare alla lezione di Yoga settimanale (che peraltro mi sta dando grandi soddisfazioni) l’unica attività che mi posso permettere: la corsa. Quindi da ora in poi sono costretta, più dall’ago della bilancia che dalle opinioni altrui, almeno tre volte la settimana ad andare a farmi una bella corsetta di almeno un quarto d’ora . Devo dire che la prima volta ho avuto ottimi risultati nonostante sia drasticamente fuori forma, quindi continuerò con entusiasmo. Poi di buono c’è che correre fa passare (almeno per qualche minuto) la voglia di mangiare, e visto il mio delicato stato di ex fumatrice e neo cicciottella è di sicuro un grande merito della suddetta, da me sempre denigrata, attività. Ora non mi resta che indossare le nuove giacchettine da jogging che mi sono prontamente procurata e iniziare a correre… speriamo che duri. Già stasera penso che non se ne farà niente: piove a catinelle. Evvai!

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